VI Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1, 40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

C’era qualcuno che Gesù non avrebbe mai potuto incontrare in città. Anzi, qualcuno che non avrebbe mai potuto incontrare da nessuna parte. Infatti non si può incontrare un morto. Morti senza essere morti, i lebbrosi erano condannati ad una vita-non-vita: il corpo, l’anima, il volto, le relazioni, la speranza, il cuore corrosi da un male senza rimedio. E ad abbracciare tutto una solitudine assoluta, impenetrabile: “se ne starà solo – prescriveva il Levitico -, abiterà fuori dell’accampamento” (Lv 13, 46). E’ molto difficile condannare qualcuno a morte, ma è molto facile condannarlo alla solitudine. 

Ed ecco il primo miracolo compiuto in questo vangelo: questo incontro impossibile avviene. Il lebbroso incontra Gesù. Non sappiamo nulla di lui, ma è verosimile che non si avvicinasse così tanto ad un’altra persona da svariati anni, forse decenni. Ora gli può parlare. Si è avvicinato abbastanza da poterne vedere il colore degli occhi. Potrebbe toccargli la mano. Potrebbe anche non urlare per farsi sentire.

Non sappiamo che cosa abbia preceduto questo incontro, come egli abbia conosciuto il Signore, che cosa sapesse di lui. Ma c’è già un’enorme fede nell’audacia con cui quest’uomo si reca da Gesù pensando “non mi caccerà”, “posso avvicinarmi”. Sente allargarsi in petto la fiducia man mano che si avvicina al Signore e vede che Lui non si allontana.

Poi queste parole bellissime: “Se vuoi, puoi purificarmi!” (Mc 1, 40). C’è tutto in queste parole: l’audacia, la fede, l’umiltà, la discrezione, la semplicità, la speranza, la delicatezza, l’abbandono. “Se vuoi”, che è come dire: non posso avere pretese, non ho diritti da accampare né crediti da riscuotere, nemmeno quelli della mia infelicità. “Se vuoi”, perché riconosco che tu non debba volere per costrizione ma solo per amore; ed anche se questo amore io oggi potrei non capirlo, lo riconosco e lo accetto per quello che è e non per quello che io vorrei che fosse, perché è meglio così. Mi fido di te e accolgo la tua volontà, e la pongo davanti alle mie stesse richieste. “Se vuoi, puoi”, cioè: io credo che il tuo Amore è onnipotente, e non misuro la tua potenza e la tua bontà con la mia intelligenza o con la mia personale soddisfazione. 

Sorprende che quest’uomo nel pregare trovi le stesse parole che Gesù rivolgerà al Padre nel Getsemani nel momento della preghiera più difficile: Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu (Mc 14, 36). Sorprendente.

Queste parole creano una speciale sintonia con il cuore di Gesù che risponde subito: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»” (Mc 1, 41). Il sentimento, il gesto, il contatto, le parole. La volontà d’amore e guarigione di Gesù partono dal suo cuore profondo, misericordioso, ed emergono nella sua carne. E poi nella carne del lebbroso. Da quanto tempo quell’uomo non sentiva il contatto del corpo di un’altra persona? Ora quell’uomo è libero.

Quindi il Signore riprende il suo cammino, non lo trattiene con sé, né si fa trattenere. Che ne sarà di lui? Gesù spera con tutto se stesso che quell’uomo comprenda. Avrà capito fino in fondo quello che è accaduto? Rispetterà le consegne di ritornare nella vita, nella città, e di vivere, vivere portandosi dentro quella carezza di Dio da posare poi con dolcezza sulla carne di altri?