Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 15-20)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Che cosa ci tiene insieme? Il quarto grande discorso fatto da Gesù nel vangelo di Matteo è dedicato alle relazioni interne alla comunità dei discepoli (Mt 18, 1-35). La liturgia ce ne propone solo alcuni brani ma naturalmente dovrebbe essere la scuola permanente di ogni comunità cristiana. A cominciare appunto da questa domanda fondamentale: che cosa ci tiene assieme?

In tutti i gruppi, le comunità, le aggregazioni ci sono tanti tipi diversi di legami: un interesse comune, la condivisione di un progetto, i legami di sangue, una stessa eredità culturale, l’affinità del carattere e la simpatia istintiva, uno stesso territorio abitato insieme, una stessa storia che ha intrecciato i destini di più persone, la partecipazione ai medesimi eventi. E così via.

Il Signore ci ricorda che c’è un legame nuovo, una nuova comunione che la Pasqua ha donato all’uomo e che può vivificare, purificare, rinnovare, approfondire ogni altra bella relazione umana. E che tuttavia va anche molto oltre perché è fondata sullo Spirito e obbedisce al disegno di Dio sull’uomo: la relazione tra “fratelli”. Essa si fonda sull’essere figli dello stesso Padre ed ha Cristo al centro, al cuore della relazione.

Questa relazione – di noi, “riuniti nel suo nome” – passa attraverso la nostra fragile umanità e ne sente tutte le ferite, le zavorre, le lentezze, a volte addirittura le violente spinte contrarie; e tuttavia – se le si resta fedeli – la trasfigura giorno dopo giorno, di inizio in inizio. E’ il principio di quella comunione piena che ci verrà donata quando Dio sarà “tutto in tutti” (1 Cor 15, 28).

In questa pagina Gesù mette in luce in modo particolare due luoghi critici ma decisivi nei quali si gioca una relazione fondata su di Lui, che voglia avere Lui al centro: la riconciliazione e la preghiera comune. Esse possono costituire anche una delicata verifica per la tenuta evangelica delle nostre relazioni comunitarie.

Qual è il mio atteggiamento quando mio fratello “pecca contro di me”? So vivere la preghiera insieme ai fratelli? Al di là delle modalità che nel testo evangelico sono stilizzate, legate al contesto, e certo non possono considerarsi immediatamente operative, dobbiamo verificarci su questi aspetti fondanti delle nostre relazioni comunitarie. A cominciare proprio dalla domanda: che cosa ci tiene assieme?

Gesù sottolinea con forza che la vera comunione è un’apertura sull’eternità, una profezia, un ponte tra il cielo e la terra. I legami stretti così sulla terra rimangono anche nei cieli. E le preghiere nate nella comunione tra fratelli sono ascoltate anche nei cieli.